domenica 14 dicembre 2008

Un compito da costruire


L’anno scolastico era appena cominciato quando le maestre comunicarono ai ragazzi che, come compito, entro natale avrebbero dovuto costruire nel giardino della scuola un orto botanico.
Più divertente che ripassare tabelline pensarono i bambini contenti e durante la ricreazione cominciarono a dividersi i compiti-
“Ah non contare su di me per i lavori manuali!” sussurrò Rubio nell’orecchio di Giulio mentre divideva con lui un panino al prosciutto. “Io come sai sono un gatto sapiente non un gatto operaio!”.
Amico mio vorrà dire lasceremo agli altri la costruzione delle serre e noi cureremo il progetto. In fondo - pensandoci bene - anch’io sono poco adatto ai lavori manuali.”
“Allora da dove cominciamo?” chiese la sera dopo Giulio al suo amico invisibile mentre riempiva la vasca per il bagno. “Cominciamo cosa?” miagolò Rubio mentre, accovacciato sul lavandino, guardava con ostilità l’acqua. “Da dove cominciamo a disegnare le serre? Le facciamo rettangolari, quadrate o come? Possiamo mettere qualche guglia?”
“Guglia? Cosa sono le guglie, non le ho mai viste nel regno delle fate!” domandò perplesso Rubio. “Ma tu non eri quello che sapeva tutto?!” ribatté seccato Giulio. “Ho detto di essere un gatto sapiente non un gatto onnisciente e poi è impossibile ed inutile sapere tutto!” replicò Rubio con aria di superiorità. “Sarà sufficiente trovare il libro dove ci siano le risposte alle tue domande!”.
“Ho capito” mormorò sconsolato Giulio “niente progetto, mi toccherà zappare !”
Ad ottobre – a scuola - i lavori erano in pieno fermento. Bacchette di legno, cupole di plastica, sacchetti di terra si accatastavano in ogni angolo del giardino nell’attesa di essere utilizzati. E poco prima di natale finalmente, le serre furono completate.
“Va bene” disse la maestra quando ebbero finito il lavoro. “Adesso ognuno pianti i semi che ha scelto”.
“Che pianta è questa?” domandò curioso Claudio mentre guardava Giulio interrare un grosso bulbo blu.
“E’ un dono di Gino, il fioraio” Rispose Giulio continuando a lavorare. “Gino mi raccontò che aveva quel bulbo da molto tempo ma non ne ricordava il nome né chi glielo avesse venduto!”. “Più rimbambito di te” bisbigliò Rubio a Giulio. “Uff!” con un gesto Giulio allontanò il gatto e proseguì. “In ogni modo, giacché lo abbiamo, piantiamolo insieme con gli altri e speriamo che sia una bella pianta.”
Dopo qualche settimana i primi germogli cominciarono a vedersi e i bambini, entusiasti del loro lavoro, andarono ogni giorni a controllarli.
Dentro le serre tutte le piantine crescevano con regolarità ma, quella nata dal seme blu, non aveva uguali. Dopo appena due settimane i rami erano già carichi di piccoli e bellissimi fiori azzurri.
Gli alunni della scuola ne erano affascinati e tutti, alla fine delle lezioni, correvano in giardino per ammirare quei magnifici fiori.
“Etciu - etciu”
“Salute” disse Rubio quando Giulio ebbe terminato un’inesauribile serie di starnuti.
“Dove hai preso questo raffreddore?” chiese il gatto al suo amico. “Oh lo sai che ho sempre caldo, mamma ha sempre freddo ed il risultato di questa diversità di opinioni è un togli-e-metti continuo di maglie e giacconi. Alla fine mi ammalo sempre!”
“Per fortuna io ho una bellissima pelliccia rossa che non tolgo mai e nessuna mamma mi dice quello che devo fare!”. Mentre Giulio e Rubio discutevano sull’utilità delle mamme Massimo arrivò correndo in giardino. “Senti che buon profumo!” disse tuffando il naso fra i fiori blu. “Etciu - l’unica cosa che sento sono le tue parole! Non vedi come sto? E’ da giorni che questo raffreddore mi perseguita.” rispose Giulio soffiandosi sonoramente il naso. “Dai, andiamo a giocare” continuò sostituendo in un battibaleno al fazzoletto la sua nuova trottola. “la trottola più veloce che ho mai posseduto!”
“No. Non mi va!” sospirò Massimo cambiando repentinamente umore. “Starò qui, non ho proprio voglia di giocare” e così dicendo si sedette con aria triste sul gradino del marciapiede.
“Come vuoi. Ci vediamo in classe” gridò Giulio mentre si allontanava con Rubio al fianco. “Strano che Massimo non abbia voluto giocare con te” commentò il gatto. “Ultimamente è spesso malinconico, e non è il solo, è sempre più difficile trovare qualcuno che abbia voglia di giocare”
“E’ colpa di quella stupidissima pianta dal seme blu! I miei amici invece di giocare sono sempre lì a guardarla. Non capisco cosa abbia di interessante, a me mette solo tristezza!” ribatté seccato Giulio.
Rubio alzò il muso, annusò l’aria come per catturare un’idea, un’intuizione. “Hai ragione amico mio quella pianta sconosciuta affascina tutti i bambini. Intorno a lei c’è una strana aria, un’aria malvagia!”
“Ma va! Non c’è proprio niente di strano o di magico in quei fiori, ho solo degli amici che hanno deciso di essere noiosi”
“Sarà” rispose poco convinto Rubio “ma adesso ti devo lasciare” e si dileguò.
Dopo circa una settimana, Giulio stava andando a letto quando sentì la morbida coda del gatto magico solleticargli il naso.
“Bentornato! Dov’eri finito?” chiese un po’ sollevato Giulio vedendo di nuovo il suo amico peloso.
“Sono andato nel regno delle fate per chiedere consiglio”.
“Consiglio? Su che cosa?”
“Su quello che sta accadendo qui. Ricordati che vivo in questa scuola ormai da molti anni e tutta questa apatia non è normale!”
“Mettiti sotto le coperte che ti racconto e così il gatto, comodamente sdraiato sul cuscino di Giulio, disse che le fate erano rimaste molto impressionate dal suo racconto e che si erano riunite per parlarne. La tristezza che regnava nella scuola non aveva senso. La discussione si fece accesa ma nessuna tesi sembrava prevalere finché, ad un certo punto, intervenne la più anziana delle fate, Vetusia – raccontando una storia antica - ormai dimenticata - la storia di Astrablu.
Astrablu non era una fata buona, odiava tutti ed in particolare i bambini e spesso utilizzava la sua magia per fare del male. Le fate, per punirla della sua cattiveria, la esiliarono nel terribile regno dell’oscuro, un regno dove la luce non entrava mai e dove soffiavano in continuazione venti gelidi!.
“Etciu Brr . . . mi vengono i brividi solo a sentirlo raccontare!” interruppe Giulio ”
“La smetti di farmi la doccia ogni volta che starnutisci?! Lo sai che noi gatti non amiamo l’acqua!”.
“Scusami! Non riesce proprio a passarmi questo noiosissimo raffreddore!”
“E’ possibile continuò Rubio che Astrablu abbia lasciato “cattive magie! In giro per il mondo
Le fate mi hanno chiesto di ispezionare la scuola mi aiuti?
Così Passarono la mattinata successiva a guardare sotto i banchi e dietro le lavagne ma, apparentemente, tutto sembrava normale. Nessun essere stravagante, magico o non, sembrava entrato nelle classi e Rubio e Giulio non trovarono alcuna traccia di Astrablu.
Più tardi, mentre controllavano il giardino Rubio, senza rendersene conto, andò a sbattere contro un annaffiatoio che si rovesciò su di lui bagnandolo completamente. “Questa volta non è colpa mia!” disse ridendo a più non posso Giulio. “Sei veramente buffo, più che un gatto sembri un pulcino!”.
“Perché tu ridi?”
“Come perché io rido?” rispose fra i singulti Giulio. “Guardati allo specchio e capirai”
“No, non hai capito. Mi chiedo perché tu sei l’unico bambino della scuola che ride.”
“Forse perché sono l’unico che ha un gatto che assomiglia ad uno straccio per lavare per terra!!” continuò sempre con le lacrime agli occhi Giulio.
“Smettila sto parlando seriamente!!”
Giulio respirò profondamente per farsi passare la ridarella e cominciò ad ascoltare con attenzione le parole del suo amico.
“Che cosa ti distingue dagli altri?” continuò il gatto.
“Sono il più bello?”
“Insomma la fai finita?! Sto cercando di capire, ti dispiace aiutarmi?”
“Va bene, va bene” rispose Giulio. “L’unica cosa che mi viene in mente di diverso rispetto agli altri è questo naso gocciolante!”
“Umh” rifletté Rubio. “Forse il tuo raffreddore ti ha in qualche modo protetto”
Giulio, che era finalmente tornato serio, azzardò un’ipotesi: “Il raffreddore non fa sentire alcun odore forse è proprio attraverso questo senso che la cattiva magia agisce”.
“Potrebbe essere, ma in questo caso, quale odore ha catturato il sorriso dei nostri amici?” riprese Rubio strusciandosi sul grembiule di Giulio per asciugarsi un po’. “L’unica novità della scuola è l’orto botanico, con le serre … i fiori….” continuò pensieroso il gatto. “I fiori. I fiori azzurri sono nati dalla noce blu, blu come la notte, blu come Astrablu e Gino non ricordava come quella noce fosse finita lì fra i suoi scaffali e la prima volta che ho visto Massimo infelice” ricordò Giulio. “Si trovava proprio vicino a quella pianta.”
“L’incantesimo malvagio di Astrablu rende infelici i bambini attraverso il profumo che questi fiori sprigionano. Sono certo che è così” sostenne Rubio. “Stanotte entreremo di nascosto nella scuola ed estirperemo la pianta.”
E così fecero. Aspettarono la notte e poi, con il favore delle tenebre, scavalcarono il grande cancello rosso della scuola.
“Dai tiriamo insieme!” i due amici abbracciarono il fusto della pianta e cominciarono a tirare, ma più tiravamo e più le radici si chiudevano a pugno sulla terra vincendo quel terribile tiro alla fune.
“Uff, non ce la facciamo” disse Giulio cadendo esausto per terra. ”Se non riusciamo a battere Astrablu con la forza dobbiamo batterla con l’astuzia” esclamò Rubio accovacciato sulla pancia del suo amico. “Facile a dirsi più difficile a farsi!” rispose Giulio. “Eppure DEVE esserci un modo per sconfiggerla!” miagolò arrabbiato Rubio.
Tornarono a casa entrambi concentrati sulla risoluzione del difficile problema. Si misero a letto e quando il sonno sembrava aver la meglio Rubio saltò sulla pancia di Giulio.
“Io credo che una grande anzi grandissima risata potrebbe sconfiggere questo sortilegio”
“Ma sei proprio sicuro?”
Rispose Giulio che si era svegliato di colpo
“Si certo”
“Fra poco faremo le prove della recita di fine anno. Sei capace di entrare nell’ufficio delle maestre e sostituire il copione?”
“Certo, sono un agente segreto formidabile io!”
“Bene allora preparati, stanotte riscriveremo il testo della recita e domani lo sostituiremo all’originale”.
E così i due amici lavorarono fino alle prime luci dell’alba e, quando la mattina dopo arrivarono a scuola, in perfetto orario, Giulio aveva nel suo zaino una copia dello spettacolo di fine anno, esternamente identico a quello conservato dalla maestra nel suo cassetto, ma con i contenuti un po’ diversi.
“Speriamo che funzioni! E se la maestra se ne accorge?” mormorò preoccupato Giulio al suo amico invisibile. “
“Non se ne accorgerà, stai tranquillo, andrà tutto bene” rispose ottimista il gatto.
La settimana dopo le maestre, grazie anche a Rubio che usò un po’ della sua magia per confonderle, presero per buono il nuovo testo e cominciarono a lavorarci.
“I bambini con le mollette al naso! Buffe storie da raccontare! Non ricordo di aver mai messo in scena una recita così stravagante” disse la maestra di Giulio alla direttrice. “Sì neanch’io lo ricordo, ma è meglio così. Speriamo che i bambini si divertano. Quest’anno è stato strano, difficile, un po’ di allegria proprio ci vuole!”
E così, alle prove generali, tutti gli alunni si presentarono nel teatro della scuola con una molletta sul naso e spaghetti colorati in testa.
Ad uno ad uno cominciarono a raccontare barzellette e divertenti racconti accompagnati da salti e piroette. La molletta impedì loro di essere sottoposti al maleficio di Astrablu e così, ascoltando i loro compagni e vedendoli vestiti in modo così bizzarro i bambini cominciarono a ridere e a prendersi in giro.
Risero tutti, senza mai smettere, e più le risate si facevano forti più la pianta si accartocciava su se stessa. Quando la recita finì tutti i bambini tirarono in cielo in segno di festa le mollette. Giulio, dapprima guardò tutti quei colori che contrastavano con l’azzurro del cielo ma poi si voltò preoccupato verso i fiori azzurri.
Fortunatamente i fiori erano tutti appassiti e la pianta morta.
Le risate di tutti i bambini della scuola avevano vinto la magia di Astrablu e ormai non c’era più nessun pericolo.
“Anche questa è fatta” miagolò felice Rubio sulle spalle di Giulio. “Sì, ma quando posso raccontare di essere un eroe?”, sussurrò Giulio all’orecchio del gatto. “Lo sai che il mondo magico non può essere svelato” rispose Filippo. “Ma puoi essere fiero di aver salvato i tuoi compagni!”
“Beh me lo farò bastare!” disse sorridendo Giulio e poi corse verso i suoi amici per tornare finalmente a giocare con loro!

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